Il processo di Delega (parte 1)

Oggi voglio parlarvi della DELEGA: lo strumento più importante per crescere e per far crescere le nostre aziende.

 

Si sa, se ti occupi di tutto in azienda, ne stai frenando sicuramente la crescita.

 

Imparare a delegare è un dovere di ogni imprenditore, ma questo termine è spesso frainteso, infatti in unica parola sono racchiusi numerosi comportamenti e abitudini da sviluppare.

 

Delegare non vuol dire semplicemente “dire a qualcun altro di fare una determinata cosa al nostro posto”. Pensare questo, è il più grande errore che possiamo commettere durante questo delicato processo.

 

La delega è un processo, non una singola azione.

Questa è la prima cosa che dobbiamo capire. 

 

E voglio anche dire subito a quelli che ancora hanno in mente che la delega va a braccetto con il controllo, che probabilmente hanno solo studiato qualche libro di leadership, non hanno mai guidato un’azienda con centinaia di collaboratori, perchè la delega, non è solo “delega e controllo”, bensì è un processo di ben 8 fasi in base alla mia esperienza:

 

La prima è l’IDENTIFICAZIONE delle specifiche attività da delegare.

 

La seconda è la SCELTA della persona a cui delegarla.

 

La terza, la più importante, è la FIDUCIA che noi dobbiamo riporre nella persona che abbiamo scelto.

 

La quarta, è rendere il delegato RESPONSABILE del risultato, in modo che dia il 110% per raggiungere l’obiettivo.

 

La quinta, è la modalità con cui avviene il TRASFERIMENTO dei compiti.

 

La sesta, la più lunga e quella più impegnativa per noi, perchè è richiesta la nostra presenza, si compone di una serie di step intermedi che possono variare in base al livello di complessità dell’attività.

Il delegato deve essere EDUCATO affinché svolga tutto in modo corretto: esattamente come lo volevamo noi.

 

Ed infine, solo dopo tutti questi passaggi, si arriva alla settima e all’ottava fase: la VERIFICA ed il FEEDBACK.

Non dobbiamo infatti mai dimenticarci di dire ai nostri collaboratori cosa pensiamo del loro comportamento, fargli i complimenti per quello che fanno bene e correggere quello che devono migliorare.

 

Come hai appena letto, il processo di delega è composto da ben 8 passaggi e dobbiamo abituarci a farli talmente nostri che diventano un automatismo per il nostro cervello.

 

Tra questi passaggi, ci sono però 2 in particolare che sono proprio una questione di mindset:

La responsabilità e la fiducia.

 

La responsabilità che dobbiamo far nascere nelle persone a cui deleghiamo il RISULTATO e la fiducia che dobbiamo sviluppare nei confronti di queste persone.

 

Attenzione alle parole che ho appena usato. Ho detto nelle persone a cui deleghiamo il RISULTATO, non le attività, infatti le persone devono essere guidate a sentirsi responsabili del risultato, non delle singole attività. Solo così potremo far crescere le persone e renderle indipendenti.

 

Se ci circondiamo di fattorini che non andranno mai oltre le nostre parole, saremo sempre noi a dover dare gli impulsi, a battere il tempo, nessuno si prenderà mai la responsabilità, nessuno metterà la sua creatività al servizio della nostra azienda e sarà matematicamente impossibile crescere.

 

Delegando il RISULTATO, le persone si sentiranno responsabilizzate nel raggiungere la meta, si sentiranno parte del processo e aggiungeranno valore ai compiti che gli vengono delegati, anche se saranno i più umili che gli daremo al loro primo giorno di lavoro. 

 

Dal canto nostro invece, c’è la responsabilità più grande. Quella di fidarci di loro. 

 

Tanto tempo fa un mio amico imprenditore mi disse: “se ti fidi non dubitare; se non ti fidi non ti avvalere”. E dobbiamo ricordarci che nella vita le persone di cui ci fidiamo solo quelle a cui abbiamo DECISO di dare la nostra fiducia.

 

Per esperienza, quando non riusciamo a delegare un compito, oppure quel compito non viene svolto come vorremmo, è semplicemente perchè abbiamo commesso un errore in una delle 8 fasi che ho elencato in precedenza e nella maggior parte dei casi, il problema è proprio nella FIDUCIA che riponiamo nelle persone che collaborano con noi.

 

Quando ero bambino, in prima elementare, i miei genitori mi diedero un orologio e la chiave di casa. Ricordo ancora, come se fosse ieri, che a 6 anni io tornavo da scuola a piedi, da solo, perchè né i miei genitori, né nessun altro poteva venirmi a prendere.

 

Oggi a distanza di tanti anni, nelle mie aziende vige questo comandamento: “Fa crescere e Rendi indipendenti le persone”, sono certo che uno dei semi di questo comportamento è da cercare anche in quello che hanno sempre fatto con me i miei genitori, mi hanno sempre dato tanto fiducia, mi hanno fatto sbagliare e mi hanno permesso di crescere e diventare indipendente.

 

Questo dobbiamo fare con i nostri collaboratori, ricordandoci un ultima cosa prima di chiudere:

“Le persone non fanno ciò per cui non sono controllate”, ma di questo ne parleremo un’altra volta.

 

Delocalizzare, localizzare, oppure … ?

Sei sicuro che produrre all’estero sia la soluzione migliore?

D’accordo, i costi sono molto più bassi, ma vale la qualità alla quale rinunci?

 

Ascolta, nella mia esperienza ho visto che l’innovazione è il fattore decisivo nel mercato di oggi e che delocalizzare può essere pericoloso, e ti spiegherò perchè in questo articolo.

 

Qualche giorno fa mi sono trovato a parlare della Cina e c’era una persona che credeva che la Cina fosse ancora il terzo mondo dove andare a produrre a basso costo.

 

Sicuramente la Cina è un Paese dove la manodopera costa molto meno che in Occidente, ma la Cina non è più quel Paese lì.

 

La Cina ormai è la nazione con la bilancia commerciale più in attivo di tutto il pianeta. Ogni anno ha circa 400 miliardi di dollari di surplus, ciò vuol dire che quello che esporta supera di 400 miliardi quello che importa.

 

E  chi pensa che le esportazioni della Cina siano i soliti oggetti a basso valore aggiunto, forse dimentica Huawei, una super potenza dell’elettronica che sta combattendo per il dominio della tecnologia 5G, oppure dimentica che il 70% dei pannelli fotovoltaici del mondo sono prodotti in Cina, oppure forse dimentica che le cosiddette Terre Rare, un componente fondamentale dei superconduttori della Silicon Valley vengono prodotte per il 95% proprio in Cina.

 

La Cina è passata dall’essere la fabbrica del mondo, dove le persone piuttosto che morire di fame preferivano lavorare per pochi dollari al giorno costruendo i prodotti low cost per tutto il mondo, in una super potenza mondiale, che proprio grazie al lavoro duro e agli investimenti colossali in infrastrutture non sembra affatto destinata a rallentare, nonostante quello che qualcuno ci voglia far credere parlando della possibile bolla immobiliare cinese o delle rivolte innescate ad Honk Kong.

 

Ma quello di cui volevo parlare in questo video, non è tanto la situazione economica della Cina, bensì l’impostazione del proprio ciclo produttivo.

 

Fino a 50 anni fa, non c’era molta scelta. C’erano le fabbriche, che tendenzialmente nascevano dove aveva sede l’impresa, molto spesso vicino casa dell’imprenditore oppure a ridosso delle grandi città.

 

Poi, sul finire del 900 si è passati alla delocalizzazione, pensando di ottenere maggiori margini spostando parte della produzione in luoghi ritenuti più adatti, ed è così che intere filiere produttive sono state spostate in Paesi dove la manodopera era a basso costo.

 

Ma ora anche questo fenomeno si sta esaurendo perché è sempre più difficile trovare Paesi dove la manodopera a basso costo riesca a giustificare la perdita di efficienza che ne consegue.

Produrre in Cina, in India o in Romania, costa meno che in Italia, magari ancora il 50% in meno, ma la qualità e la creatività che perdiamo andando in questi Paesi non giustifica più la delocalizzazione.

 

E allora è per questo che ormai, dall’era della delocalizzazione siamo entrati in quella dell’innovazione.

 

Un era in cui per ottenere maggiori margini bisogna trovare soluzioni che permettano alle nostre risorse umane di lavorare con i super poteri, di produrre di più, con maggiore qualità e maggiore efficienza.

 

È solo attraverso l’innovazione tecnologica che possiamo rimanere a fare business in Italia, senza essere schiacciati dalla concorrenza internazionale.

 

Vi faccio un esempio che ho toccato con mano. 4 anni fa, quando avviai Soluzione Tasse credevo di poter ridurre del 30% i costi di gestione contabile utilizzando un centro di elaborazione dati in Romania.

 

Non ci fu scelta più sbagliata. Quello che inizialmente sembrava una riduzione del costo si trasformò in un boomerang pazzesco che non mi permetteva di scalare, perché i contabili che c’erano producevano poche righe all’ora e non era possibile trovare abbastanza contabili a basso prezzo ed elevata competenza rispetto al numero di clienti che cresceva a dismisura mese dopo mese. con conseguenti disservizi e la perdita di clienti faticosamente guadagnati sul mercato.

 

È stato solo grazie ad un evoluzione tecnologica e alla nascita di Xriba, l’intelligenza artificiale applicata alla contabilità, che sono riuscito a riportare il 100% dell’elaborazione dati in Italia, assumendo oltre 100 italiani e riducendo del 70%, non solo del 30, i costi di elaborazione dati rispetto ad un normale studio di commercialisti italiano.

 

Per concludere, se siamo un azienda che produce, lasciamo perdere la ricerca di Paesi dove le persone lavorano ancora a 2 dollari all’ora ed iniziamo ad analizzare i nostri processi di lavoro, a capire in quali ambiti possiamo applicare robotica ed intelligenza artificiale per rendere i nostri collaboratori ancora più efficienti.

 

Solo in questo modo potremmo vincere le sfide del prossimo decennio e usare le nuove tecnologie, che si pensa minaccino migliaia di posti di lavoro, a nostro vantaggio.

 

Aggiungo un ultima cosa, in Italia ci sono una montagna di contributi a fondo perduto per la Ricerca e l’innovazione, ma per oggi direi di terminare qui, ti lascio al video che ho fatto sull’argomento.

 

 

La forza del fallimento

Il fallimento è una grande opportunità!

Ovvio, questa è un’affermazione impopolare e molti potrebbero criticarmi, soprattutto quelle persone che sono passate per un fallimento e non sono più riuscite a rialzarsi.

 

Però, proprio come la Fenice è in grado di rinascere dalle proprie ceneri, anche noi imprenditori possiamo rialzarci più forti di prima da un progetto finito male.

 

E questo lo dico con cognizione di causa perchè nel 2013 ero a -500.000€ e la mia aziendina dell’epoca è finita in liquidazione, ma è proprio per uscire da quella situazione, e soprattutto per non tornarci mai più, che ho imparato ad essere un imprenditore migliore.

 

Grazie all’analisi di risultati fallimentari come quelli, possiamo capire quali sono state le scelte che ci hanno portato a quel epilogo.

 

Per quanto mi riguarda, se non fossi arrivato a quel livello di sofferenza, probabilmente non sarei mai riuscito a settare la mia mente per il successo, a sviluppare quelle abilità che oggi mi permettono di affrontare le mie sfide con un unico obiettivo: vincerle.

 

Grazie al fallimento possiamo imparare ad essere più attenti, a ponderare meglio le nostre decisioni, a prendere rischi, perchè quelli fanno parte dell’essere imprenditori, ma allo stesso tempo a non fare il passo più lungo della gamba.

 

Per quanto mi riguarda, la lezione più grande è stata quella di iniziare a guidare la mia azienda con il conto economico e non più con il conto corrente.

 

Ogni giorno infatti incontro imprenditori che prendono decisioni sul fare o non fare una cosa basandosi sui soldi disponibili sul loro conto corrente. Ma quello è un indicatore assolutamente errato per prendere decisioni.

 

Perchè i soldi sul conto corrente possono essere della banca che ci ha concesso una linea di credito, dei clienti che ci hanno pagato in anticipo per un servizio ancora da erogare, dei fornitori che magari ci hanno dato merci o servizi e li dobbiamo ancora pagare. Possono essere dello Stato perchè magari dobbiamo ancora pagare l’IVA o le imposte.

 

E quindi, solo in un caso su 5, se siamo stati bravi, i soldi sul conto corrente sono della nostra azienda.

 

Quindi se guidiamo l’azienda guardando il conto corrente abbiamo 4 probabilità su 5 di sbagliare. E’ per questo che le aziende devono essere guidare con il conto economico, dobbiamo conosce la differenza tra costi produttivi e costi di produzione.

 

Dobbiamo conoscere il nostro punto di pareggio, dobbiamo conoscere la ricchezza che siamo in grado di generare.

 

Solo in questo modo saremo in grado di prendere in mano le nostre aziende e guidarle al successo in modo consapevole e tutto questo io l’ho imparato grazie al fallimento.

 

Oggi non sarei alla guida di un gruppo imprenditoriale da oltre 20.000.000 di fatturato se non fossi passato da lì.

 

Quindi mettiamoci in testa di imparare dai nostri errori e più grandi sono questi errori, più abbiamo da imparare.

 

Ti lascio al video che ho girato sull’argomento:

Leadership: amore e timore

Soprattutto ultimamente che il mio gruppo aziendale ha superato le 200-250 persone impiegate, incontro sempre più spesso imprenditori che mi chiedono come fare per diventare leader carismatici. 

 

Ora, detto tra noi, io non mi sento neanche così tanto carismatico, però effettivamente le persone che collaborano con me mi seguono e mi rispettano, quindi probabilmente, a prescindere dal carisma, ho senz’altro sviluppato delle ottime doti di leadership.

 

E allora, l’ultima volta che mi è stata posta questa domanda mi sono iniziato ad interrogare sulla leadership e credo di aver individuato almeno 2/3 ingredienti che probabilmente costituiscono la chiave per guidare la mia squadra.

 

Non è detto che siano validi per tutti, perchè i leader sono prima di tutto persone e ognuno di noi ha il proprio carattere, però sono piuttosto convinto che la mia leadership sia un mix di umiltà, amore e timore.

 

Umiltà perchè per guidare un gruppo e farsi seguire, il leader deve essere il primo a metterci tutto se stesso, a mio parere un vero leader non deve chiedere di fare agli altri quello che non sarebbe disposto a fare per se stesso. Se c’è da finire tardi, il leader fa tardi con il suo team, se c’è da rispettare una deadline, lui è il primo a farsi il mazzo per fare in modo che il team raggiunga la metà.

 

Questo aiuta senz’altro a sviluppare il secondo ingrediente, l’amore. Le persone che lavorano con noi, devono amare quello che fanno, amare la loro azienda e amare l’imprenditore che li guida perchè lo sentono al loro fianco. E se vogliamo che le persone che lavorano con noi ci amino, di certo dobbiamo essere i primi ad amare loro, a provare un interesse sincero nei loro confronti. A sentirci parte della stessa cosa.

 

Ed infine, il leader ogni tanto deve saper alzare la voce. Deve farsi rispettare, deve prendere a calci le persone che sbagliano, in senso figurato ovviamente, a volte deve usare modi rudi e parole forti, deve mostrare la sua autorità.

 

Al di là di tutto quello che c’è scritto nei manuali sulla leadership, le statistiche dicono che nella Silicon Valley hanno molto più successo le aziende che hanno leader autoritari, piuttosto che autorevoli.

 

Io personalmente non ho mai creduto nei leader autorevoli, accomodanti, quelli che ti indorano sempre la pillola. Tutti i grandi imprenditori che ho avuto modo di conoscere fin da bambino erano persone con le quali era difficile mantenere lo sguardo. Sentivi il loro potere a distanza di metri.

 

Quindi io sono per dire le cose dritte in faccia, senza filtri e senza mezzi termini. E quello crea il rispetto, crea il timore le che persone devono avere per essere guidate.

 

Quindi amici imprenditori se vogliamo essere leader carismatici, dal mio punto di vista dobbiamo essere umili, farci amare e farci rispettare. Con questo mix le persone ci seguiranno e daranno l’anima per noi e per le nostre aziende.

 

Ti lascio al video che ho girato sull’argomento.

 

Come raggiungere il successo nel 2020

In questo post scriverò qualcosa di ovvio, anche se sinceramente, considerando il numero di imprenditori che incontro ogni anno, proprio così ovvio non lo è.

 

Sembrerà strano, chiunque ci dice che dobbiamo avere un business plan, dobbiamo pianificare l’andamento della nostra azienda, ma io che faccio eventi ed incontro almeno 10.000 imprenditori ogni anno, alla domanda: “quanti utilizzano il conto economico previsionale?” La risposta è “quasi nessuno”.

 

Posso dire con certezza, che anche aziende mediamente strutturate, con fatturati di qualche milione di euro, non hanno nessun tipo di pianificazione economico/finanziaria.

 

E questo è il primo errore se vogliamo prosperare e raggiungere i nostri obiettivi.

 

Prima di tutto perchè se non abbiamo obiettivi in termini di fatturato o di utile, come facciamo a raggiungerli?

Se usciamo di casa senza avere una meta, che probabilità abbiamo di arrivare a destinazione? Giriamo giriamo, alla fine terminiamo il carburante e ci ritroviamo in mezzo al nulla.

 

Ecco, questo è quello che succede al 95% degli imprenditori italiani che alla fine dell’anno non hanno idea di quanto hanno guadagnato, se hanno guadagnato, se saranno in grado di pagare le imposte o di pagare le tredicesime, se il loro business sta crescendo o crescerà mai.

 

Tutto questo deriva dalla mancanza di un forecast, di una previsione che partendo dalla destinazione tracci il percorso per raggiungere quell’obiettivo.

 

E mi rendo conto di aver appena detto una cosa ovvia, però, non so per quale motivo, 9 imprenditori su 10 non redigono questo documento, non scrivono la mappa del loro tesoro.

 

Pensare che proprio 2 giorni fa, ero in riunione con lo junior CFO del mio gruppo che stavamo completando il budget del prossimo anno e mi diceva “certo che è proprio vero che chi governa i numeri governa l’azienda”.

 

Ed io gli ho risposto, “è assolutamente così”, fin dall’inizio, quando si redige il business plan di una progetto che deve ancora nascere, ma sopratutto mano mano che quel progetto cresce è solo governando i numeri che si possono tenere le redini del business.

 

Si possono prevedere con largo anticipo le difficoltà, gli ammanchi di cassa, magari si possono negoziare eventuali dilazioni con i fornitori con 30-60gg di anticipo rispetto alla scadenza. Oppure pianificare gli investimenti e sapere che se ho bisogno di una risorsa umana in più, o di un nuovo macchinario, se e quando posso permettermelo.

 

Purtroppo il problema di molti imprenditori che non pianificano il loro futuro dal punto di vista economico/finanziario è dettato dalla mancanza di tempo, perchè troppo spesso l’imprenditore è preso con la quotidianità, con la consegna del proprio lavoro, con incontrare i clienti, con negoziare con i fornitori e quindi tutte le cose di natura amministrativa finiscono in secondo piano.

 

Ma se non è l’imprenditore a prendersi cura dei numeri o non c’è in azienda un direttore amministrativo e finanziario che se ne occupa al suo posto, purtroppo sarà il mercato a prendersene cura e di certo non lo farà a nostro vantaggio. Forse sopravviveremo, ma non riusciremo mai a cresce e a scalare come potremmo fare grazie ad un’attenta pianificazione.

 

Non voglio portare acqua al mio mulino, ma quando ho deciso di sviluppare Xriba, la prima piattaforma intelligente in grado di registrare automaticamente la contabilità e fornire all’imprenditore gli strumenti per prendere decisioni consapevoli, l’ho fatto proprio conoscendo questo limite dettato dal tempo a disposizione dell’imprenditore per fare queste cose.

 

E proprio grazie alla tecnologia applicata ai numeri delle nostre aziende possiamo trovare le risposte che ci servono per pianificare e controllare l’andamento. 

 

Se non abbiamo soldi per pagare un CFO da 100.000€ all’anno, magari possiamo dare i super poteri alla nostra segretaria amministrativa, gli possiamo mettere in mano degli strumenti di intelligenza artificiale che la aiutano a capire meglio dove stanno andando i nostri soldi e magari potrà essere lei, anche se non è un direttore finanziario, ad aiutarci a stabilire la rotta e a controllare che se stiamo raggiungendo la destinazione prefissata oppure no.

 

Per chiudere l’argomento quindi, se vogliamo riassumere con un suggerimento: prendiamoci del tempo per pianificare il futuro economico e finanziario della nostra azienda, perchè è lì che andremo a finire.

 

Ti lascio al mio video del giorno sull’argomento.

 

Innovare il modello di business per crescere esponenzialmente

Oggi voglio parlare dei problemi di crescita che hanno molte aziende italiane.

 

L’altra settimana mi è capitato sottomano un articolo del Sole24Ore (https://lab24.ilsole24ore.com/leader-della-crescita-2020/) con la classifica delle fast growing company del nostro Paese. Le fast growing company sono le aziende che sono cresciute di più negli ultimi 3 anni e andando a guardare chi fossero quelle aziende ho trovato di tutto.

 

Dall’abbigliamento, alle applicazioni mobile, dal turismo, al farmaceutico, alla consulenza, fino ai servizi finanziari. E questa è stata la cosa che mi ha lasciato più sorpreso perché non erano tutte start up digitali, la 3° in classifica ad esempio, con un tasso di crescita medio degli ultimi 3 anni del 227 % era un’azienda di abbigliamento, a me totalmente sconosciuta, che nei primi 10 anni di storia era arrivata a fatturare circa 500.000€, quindi praticamente nulla e poi in 3 anni ha raggiunto i 20.000.000 di fatturato. 

 

E’ chiaro che deve essere successo qualcosa, se in 10 anni arrivi a 500k € di fatturato e nei successivi 3 arrivi a 20 milioni, è successo qualcosa di totalmente innovativo nel tuo modello di business.

 

Perchè non stiamo parlando di una startup digitale che ci mette un sacco di anni per creare una app rivoluzionaria e poi ad un certo punto la rilascia sul mercato e skyrocket to the moon, arriva a fatturati milionari, in questo caso stiamo parlando di un’azienda di abbigliamento.

 

E questo vale anche per la numero 14 della lista ad esempio, che sta nel settore del caffè, è stata fondata nel 1993 e fino al 2015, quindi in oltre 20 anni, era arrivata a fatturare poco più di un milione ed invece, negli ultimi 3 anni ha superato i 15.

 

Anche in questo caso è chiaro ce deve essere successo qualcosa.

 

Ho portato questi esempi, ma ce ne possono essere molti altri, potrei parlare anche della mia azienda di consulenza fiscale che nel 2016, anno della sua fondazione ha fatto 141.000€ di fatturato, e nel 2019 è arrivata a superare i 12.500.000, ma dicevo, ho portato questi esempi per parlare dell’innovazione tecnologica che sta alla base della crescita esponenziale delle nostre aziende.

 

E quando parlo di innovazione tecnologica, non parlo solo di elettronica o di digitale, quando parlo di innovazione tecnologica mi riferisco a quei cambiamenti che vengono portati nel proprio modello di business e cambiano per sempre le regole del gioco, questo è alla base della crescita esponenziale che sempre più spesso siamo abituati a vedere.

 

Quindi, per tornare all’argomento di questo video, la maggior parte dei problemi di crescita delle aziende sono da cercare nell’incapacità dell’imprenditore di innovare. 

 

Se la nostra azienda non sta crescendo abbastanza, probabilmente non stiamo innovando abbastanza e allora dobbiamo sederci e capire dove sarà il nostro settore nei prossimi 5 anni e far parte del cambiamento di questo settore, esserne i fautori.

 

 

Solo in questo modo la nostra azienda potrà crescere in doppia cifra ogni anno e noi come imprenditori, potremo lasciare un segno del nostro passaggio.

 

Sembra una ricetta semplice, troppo semplice per funzionare. Ma voglio farti una domanda, quando è stata l’ultima volta che hai pensato a come funzionerà il tuo business tra 5 anni? A come sarà il tuo mercato. Se non ci facciamo mai queste domande, non potremmo mai portare nelle nostre aziende le innovazioni tecnologiche che ci faranno scalare in doppia cifra.

 

E come diceva Darwin, l’unica specie che sopravvive è quella che si evolve più rapidamente rispetto ai cambiamenti ambientali. E posso garantire con assoluta certezza, che le teorie di Darwin si applicano anche al business, soprattutto oggi che il mondo cambia così velocemente.

 

Fatti questa domanda: come funzionerà il mio settore tra 5 anni e cosa posso fare io per essere parte di questo cambiamento?

 

Per oggi è tutto. Ti lascio al mio video sull’argomento.

Come usare il relax per i tuoi obiettivi da raggiungere

Sapevi che il relax può essere usato per raggiungere i goal che ti sei prefissato per il 2020?

 

Oggi voglio parlare proprio del relax dell’imprenditore. Perché ogni tanto è fondamentale anche per noi staccare un po’ la spina dalla quotidianità e prenderci del tempo per noi stessi, per ricaricare le pile, per fare qualcosa di diverso.

 

Attenzione, staccare la spina non vuol dire obbligatoriamente staccare telefono, computer e dimenticarsi completamente il proprio lavoro.

 

Per quanto mi riguarda staccare vuol dire essere in un luogo diverso dal solito, magari concedermi qualche ora di sonno in più, non avere l’orologio al polso, riconnettermi con la natura e soprattutto stare un po’ da solo con me stesso, o con la mia famiglia, a riflettere sulla vita, sulle cose importanti, sugli obiettivi.

 

Concedermi qualche giorno in un ambiente rilassante, dedicandomi principalmente a me stesso, mi permette di essere molto più performante quando torno al lavoro.

 

In questi giorni a cavallo dell’anno nuovo, programmare questa tipologia di pause è ancora più importante perché è proprio il momento dell’anno in cui si prefissano gli obiettivi dei prossimi 12 mesi e prima di tornare nella routine quotidiana io personalmente faccio anche in modo di averli trasformati in task da svolgere nelle settimane e mesi successivi.

 

E a dire il vero, prima di ripartire da qui, per ogni obiettivo cerco anche di mettere in agenda il primo passo da compiere.

 

E sì perché fare il primo passo è probabilmente il segreto numero uno per poter raggiungere gli obiettivi.

 

Faccio un esempio: tra i miei obiettivi di quest’anno c’è anche quello di tornare ad allenarmi in palestra 3 volte a settimana con il Personal trainer.

 

La cosa che ho già fatto è stata fissare la prima lezione per quando torno in Italia e concordare con lui gli orari delle prossime 3 settimane. 

 

Sinceramente, mi sento una persona che solitamente raggiunge i suoi obiettivi e credo che questo accada per 3 motivi:

 

  1. Mi pongo solo obiettivi con un forte perché. Se hai un perché abbastanza grande, il come lo trovi sempre, diceva un tale.
  2. Mi pongo obiettivi ambiziosi, sfidanti, un po’ al di sopra della mia portata, ma mai irragionevoli.
  3. Faccio immediatamente il primo passo, e pianifico subito tutto quello che posso pianificare, per raggiungere quel obiettivo 

 

Purtroppo molto spesso le persone si mettono in testa obiettivi che poi non raggiungono, a volte perché non hanno un perché sufficientemente forte e quindi si fermano alle prime difficoltà, a volte perché sono troppo fuori portata e mollano perché si demoralizzano, ma la maggior parte delle volte è proprio perché non compiono il primo passo.

 

Quindi per concludere, prendiamoci sempre un po’ di tempo per noi stessi, abituiamoci a scrivere i nostri obiettivi e soprattutto facciamo subito il primo passo.


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